31 marzo 2011 |
Discusso avanti alla Corte di giustizia il primo rinvio pregiudiziale sulla direttiva rimpatri
Brevi note sull'udienza svoltasi a Lussemburgo il 30 marzo 2011
Mercoledì 30 marzo 2011 si è svolta avanti alla Corte di giustizia dell'Unione europea a Lussemburgo l'udienza nel procedimento (causa C-61/11 PPU, El Dridi Hassen) introdotto con ordinanza di rinvio pregiudiziale della Corte d'appello di Trento, avente ad oggetto la compatibilità dell'incriminazione di cui all'art. 14 co. 5 ter t.u. immigrazione con la direttiva comunitaria 2008/115/CE (c.d. direttiva rimpatri) e a suo tempo pubblicato in questa Rivista.
Dal momento che nel procedimento penale a quo l'imputato è attualmente sottoposto a misura custodiale, la Corte ha accolto la richiesta del giudice rimettente di attivare la procedura urgente prevista dall'art. 104 ter del regolamento della Corte, che contempla scansioni processuali semplificate rispetto alla procedura ordinaria. In particolare, la procedura urgente non prevede che l'Avvocato generale depositi le proprie conclusioni scritte prima dell'udienza, come normalmente accade, ma semplicemente che comunichi alla Corte un proprio parere riservato in esito all'udienza.
La causa - che costituisce la prima occasione per la Corte di confrontarsi con la spinosa questione, sottopostale anche da vari altri rinvii pregiudiziali provenienti da giudici italiani di merito (cfr. in particolare le ordinanze del Tribunale di Milano e del Tribunale di Rovereto pubblicate in questa Rivista) e di legittimità (cfr. l'ordinanza della I sez. penale 8 marzo 2011, ric. Ngagne, parimenti pubblicata nella Rivista) - è stata assegnata ad una sezione di cinque giudici.
Il difensore della parte privata, prof. Luca Masera, ha sostenuto la tesi dell'incompatibilità degli articoli 15 e 16 della direttiva con l'incriminazione dell'inottemperanza all'ordine di allontanamento del questore.
Il Governo italiano, rappresentato in udienza dall'Avvocato dello Stato D'Ascia, ha sostenuto la tesi opposta, argomentando nel senso che la direttiva non vieterebbe in alcun modo allo Stato membro di prevedere sanzioni penali a presidio dell'ordine di allontanamento.
La Commissione europea, rappresentata dal dott. Luca Prete, ha invece sostenuto la tesi della radicale incompatibilità della vigente normativa italiana con le norme della direttiva - e segnatamente con i suoi articoli 15 e 16 -, evidenziando come la disciplina penale italiana da un lato frustri l'effetto utile della direttiva di tutela della libertà personale dello straniero, e dall'altro finisca per ostacolare la stessa effettività del sistema di rimpatri, che dovrebbe piuttosto essere finalizzato all'immediato accompagnamento coattivo alla frontiera dello straniero non cooperante anziché alla sua incarcerazione.
La Corte si è riservata di decidere. La sentenza è attesa nell'arco di qualche settimana.